Giovanni Raboni 1932 - 2004

Il rimorso di San Giovanni Battista

da "Gesta Romanorum"

Silenzio. Udite. Io annuncio la sua morte
perchè sono di fronte a voi l'autore
della sua venuta e dei suoi giorni
disastrosi. Oh fossi morto prima,
nel deserto, come muoiono i cammelli
che si fidano troppo del proprio gozzo! Io così
della mia memoria, della memoria
che Dio mi concede sulle cose future.
Io non volevo ucciderlo
ma la mia fede si è tramutata in pietra o coltello,
               [ il mio battesimo
in violento scorpione. Mi perdoni
se troppo poco ho peccato! Io fiorisco di colpa
come la Vergine è fiorita in lui
nel grembo involontario.


Notizia

da "Le case della Vetra"

Solo qualche parola,
solo una notizia sul rovescio del conto
sbagliato dal padrone.
Forse è tardi, può darsi che la ruota
giri troppo in fretta perchè resti qualcosa:
occhi squartati, teste di cavallo,
bei tempi di Guernica.
Qui i frantumi diventano poltiglia.
E anch'io che ti scrivo
da questo luogo non trasfigurato
non ho frasi da dirti, non ho
voce per questa fede che mi resta,
per i fiaschi simmetrici, le sedie
di paglia ortogonali,
non ho più vista o certezza, è come
se di colpo mi fosse scivolata
la penna dalla mano
e scrivessi col gomito o col naso.


Non di questo presente ora bisogna

da "Altri Sonetti"

Non di questo presente ora bisogna
vivere - ma in esso sì: non c'è modo,
pare, d'averne un altro, non c'è chiodo
che scacci questo chiodo. Nè a chi sogna

va meglio, che le più volte si infogna
a figuararlo, e fa più groppi al nodo
se cerca di disfarlo (sta nel todo
che si crede nel nada, sempre) o agogna,

ma con che lama? troncarlo. La mente
infortunata non ha altra fortuna,
dunque, che nel pensiero? Certo a niente

più la mia si consola che se in una
deposizione o un offertorio gente
dispersa solennemente s'aduna.


Non sospendi un terremoto, non fermi

da "Altri Sonetti"

Non sospendi un terremoto, non fermi
la deriva dei continenti; e uguale
successo avrà chi soffre il capitale
e per avversare i suoi non eterni

nè imperscrutabili disegni sale
fiducioso su navicelle inermi
contro le sue corazzate, o in interni
sabotaggi s'avventura. Eh! a che vale,

colombelle mie? Tanto durerà
quanto deve, non un giorno di meno,
a nostro cupo scorno - ma nemmeno

uno di più. La festa si farà
senza di noi, poveri untori senza
pestilenza, solchi senza semenza.


Che in tutto fra tutte suprema sia

da "Altri Sonetti"

Che in tutto fra tutte suprema sia
la legge del mercato, che a lei deva
subordinarsi restando utopia
per sempre tutto quello che solleva

l'uomo da se stesso sembra alla mia
mente quasi incredibile. Ma alleva
menti per crederci l'economia
trionfante, fa che ciascuna s'imbeva

di quel credo miserabile e creda
a esso fieramente come al più santo
vangelo; e non ha scampo chi rimpianto

dell'altro s'ostina finchè non ceda
di schianto il cuore a provare e di noia
trema dove per altri è ottusa gioia.


Giovanni Raboni
Giovanni Raboni