Qoèlet (Qohèlet, gr.Ecclesiaste)


Testo controverso e al centro di un ampio dibattito culturale in tempi recenti, il Qohèlet (in greco Ecclesiaste), si stacca dal corpus della Bibbia per la singolarità del proprio messaggio all'interno del contesto in cui è inserito. Composto probabilmente intorno al III secolo avanti Cristo è un testo che ha da sempre suscitato il vivo interesse da parte di scettici, agnostici, intellettuali, stupendo per la sua modernità.

Qoèlet

Qoèlet - Capitolo 1
[1]Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme.

PRIMA PARTE

Prologo

[2]Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
[3]Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?
[4]Una generazione va, una generazione viene
ma la terra resta sempre la stessa.
[5]Il sole sorge e il sole tramonta,
si affretta verso il luogo da dove risorgerà.
[6]Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
gira e rigira
e sopra i suoi giri il vento ritorna.
[7]Tutti i fiumi vanno al mare,
eppure il mare non è mai pieno:
raggiunta la loro mèta,
i fiumi riprendono la loro marcia.
[8]Tutte le cose sono in travaglio
e nessuno potrebbe spiegarne il motivo.
Non si sazia l'occhio di guardare
né mai l'orecchio è sazio di udire.
[9]Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c'è niente di nuovo sotto il sole.
[10]C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
«Guarda, questa è una novità»?
Proprio questa è gia stata nei secoli
che ci hanno preceduto.
[11]Non resta più ricordo degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso coloro che verranno in seguito.

Vita di Salomone

[12]Io, Qoèlet, sono stato re d'Israele in Gerusalemme. [13]Mi sono proposto di ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. E' questa una occupazione penosa che Dio ha imposto agli uomini, perché in essa fatichino. [14]Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento.

[15]Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.

[16]Pensavo e dicevo fra me: «Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza». [17]Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento, [18]perchè

molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere, aumenta il dolore.

Qoèlet - Capitolo 2

[1]Io ho detto in cuor mio: «Vieni, dunque, ti voglio mettere alla prova con la gioia: Gusta il piacere!». Ma ecco anche questo è vanità.

[2]Del riso ho detto: «Follia!»
e della gioia: «A che giova?».

[3]Ho voluto soddisfare il mio corpo con il vino, con la pretesa di dedicarmi con la mente alla sapienza e di darmi alla follia, finché non scoprissi che cosa convenga agli uomini compiere sotto il cielo, nei giorni contati della loro vita. [4]Ho intrapreso grandi opere, mi sono fabbricato case, mi sono piantato vigneti. [5]Mi sono fatto parchi e giardini e vi ho piantato alberi da frutto d'ogni specie; [6]mi sono fatto vasche, per irrigare con l'acqua le piantagioni. [7]Ho acquistato schiavi e schiave e altri ne ho avuti nati in casa e ho posseduto anche armenti e greggi in gran numero più di tutti i miei predecessori in Gerusalemme. [8]Ho accumulato anche argento e oro, ricchezze di re e di province; mi sono procurato cantori e cantatrici, insieme con le delizie dei figli dell'uomo. [9]Sono divenuto grande, più potente di tutti i miei predecessori in Gerusalemme, pur conservando la mia sapienza. [10]Non ho negato ai miei occhi nulla di ciò che bramavano, né ho rifiutato alcuna soddisfazione al mio cuore, che godeva d'ogni mia fatica; questa è stata la ricompensa di tutte le mie fatiche. [11]Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo durato a farle: ecco, tutto mi è apparso vanità e un inseguire il vento: non c'è alcun vantaggio sotto il sole.

[12]Ho considerato poi la sapienza, la follia e la stoltezza. «Che farà il successore del re? Ciò che è gia stato fatto». [13]Mi sono accorto che il vantaggio della sapienza sulla stoltezza è il vantaggio della luce sulle tenebre:

[14]Il saggio ha gli occhi in fronte,
ma lo stolto cammina nel buio.
Ma so anche che un'unica sorte
è riservata a tutt'e due.

[15]Allora ho pensato: «Anche a me toccherà la sorte dello stolto! Allora perché ho cercato d'esser saggio? Dov'è il vantaggio?». E ho concluso: «Anche questo è vanità». [16]Infatti, né del saggio né dello stolto resterà un ricordo duraturo e nei giorni futuri tutto sarà dimenticato. Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto.

[17]Ho preso in odio la vita, perché mi è sgradito quanto si fa sotto il sole. Ogni cosa infatti è vanità e un inseguire il vento. [18]Ho preso in odio ogni lavoro da me fatto sotto il sole, perché dovrò lasciarlo al mio successore. [19]E chi sa se questi sarà saggio o stolto? Eppure potrà disporre di tutto il mio lavoro, in cui ho speso fatiche e intelligenza sotto il sole. Anche questo è vanità! [20]Sono giunto al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che avevo durato sotto il sole, [21]perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura.

[22]Allora quale profitto c'è per l'uomo in tutta la sua fatica e in tutto l'affanno del suo cuore con cui si affatica sotto il sole? [23]Tutti i suoi giorni non sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità! [24]Non c'è di meglio per l'uomo che mangiare e bere e godersela nelle sue fatiche; ma mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio. [25]Difatti, chi può mangiare e godere senza di lui? [26]Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia, mentre al peccatore dà la pena di raccogliere e d'ammassare per colui che è gradito a Dio. Ma anche questo è vanità e un inseguire il vento!

Q

oèlet - Capitolo 3

La morte

[1]Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.

[2]C'è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
[3]Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
[4]Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
[5]Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
[6]Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
[7]Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
[8]Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

[9]Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?

[10]Ho considerato l'occupazione che Dio ha dato agli uomini, perché si occupino in essa. [11]Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo, ma egli ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore, senza però che gli uomini possano capire l'opera compiuta da Dio dal principio alla fine. [12]Ho concluso che non c'è nulla di meglio per essi, che godere e agire bene nella loro vita; [13]ma che un uomo mangi, beva e goda del suo lavoro è un dono di Dio. [14]Riconosco che qualunque cosa Dio fa è immutabile; non c'è nulla da aggiungere, nulla da togliere. Dio agisce così perché si abbia timore di lui. [15]Ciò che è, gia è stato; ciò che sarà, gia è; Dio ricerca ciò che è gia passato.

[16]Ma ho anche notato che sotto il sole al posto del diritto c'è l'iniquità e al posto della giustizia c'è l'empietà. [17]Ho pensato: Dio giudicherà il giusto e l'empio, perché c'è un tempo per ogni cosa e per ogni azione. [18]Poi riguardo ai figli dell'uomo mi son detto: Dio vuol provarli e mostrare che essi di per sé sono come bestie. [19]Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell'uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità. [20]Tutti sono diretti verso la medesima dimora:

tutto è venuto dalla polvere
e tutto ritorna nella polvere.

[21]Chi sa se il soffio vitale dell'uomo salga in alto e se quello della bestia scenda in basso nella terra? [22]Mi sono accorto che nulla c'è di meglio per l'uomo che godere delle sue opere, perché questa è la sua sorte. Chi potrà infatti condurlo a vedere ciò che avverrà dopo di lui?

Qoèlet - Capitolo 4

La società

[1]Ho poi considerato tutte le oppressioni che si commettono sotto il sole. Ecco il pianto degli oppressi che non hanno chi li consoli; da parte dei loro oppressori sta la violenza, mentre per essi non c'è chi li consoli. [2]Allora ho proclamato più felici i morti, ormai trapassati, dei viventi che sono ancora in vita; [3]ma ancor più felice degli uni e degli altri chi ancora non è e non ha visto le azioni malvage che si commettono sotto il sole.

[4]Ho osservato anche che ogni fatica e tutta l'abilità messe in un lavoro non sono che invidia dell'uno con l'altro. Anche questo è vanità e un inseguire il vento.

[5]Lo stolto incrocia le braccia
e divora la sua carne.
[6]Meglio una manciata con riposo
che due manciate con fatica.

[7]Inoltre ho considerato un'altra vanità sotto il sole: [8]uno è solo, senza eredi, non ha un figlio, non un fratello. Eppure non smette mai di faticare, né il suo occhio è sazio di ricchezza: «Per chi mi affatico e mi privo dei beni?». Anche questo è vanità e un cattivo affannarsi.

[9]Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. [10]Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. [11]Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? [12]Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto.

[13]Meglio un ragazzo povero ma accorto,
che un re vecchio e stolto
che non sa ascoltare i consigli.

[14]Il ragazzo infatti può uscir di prigione ed esser proclamato re, anche se, mentre quegli regnava, è nato povero. [15]Ho visto tutti i viventi che si muovono sotto il sole, stare con quel ragazzo, il secondo, cioè l'usurpatore. [16]Era una folla immensa quella di cui egli era alla testa. Ma coloro che verranno dopo non avranno da rallegrarsi di lui. Anche questo è vanità e un inseguire il vento.

[17]Bada ai tuoi passi, quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicinarsi per ascoltare vale più del sacrificio offerto dagli stolti che non comprendono neppure di far male.

Qoèlet - Capitolo 5

[1]Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò le tue parole siano parche, poichè

[2]Dalle molte preoccupazioni vengono i sogni
e dalle molte chiacchiere il discorso dello stolto.

[3]Quando hai fatto un voto a Dio, non indugiare a soddisfarlo, perché egli non ama gli stolti: adempi quello che hai promesso. [4]E' meglio non far voti, che farli e poi non mantenerli. [5]Non permettere alla tua bocca di renderti colpevole e non dire davanti al messaggero che è stata una inavvertenza, perché Dio non abbia ad adirarsi per le tue parole e distrugga il lavoro delle tue mani. [6]Poiché dai molti sogni provengono molte delusioni e molte parole. Abbi dunque il timor di Dio.

[7]Se vedi nella provincia il povero oppresso e il diritto e la giustizia calpestati, non ti meravigliare di questo, poiché sopra un'autorità veglia un'altra superiore e sopra di loro un'altra ancora più alta: [8]l'interesse del paese in ogni cosa è un re che si occupa dei campi.

Il denaro

[9]Chi ama il denaro, mai si sazia di denaro e chi ama la ricchezza, non ne trae profitto. Anche questo è vanità. [10]Con il crescere dei beni i parassiti aumentano e qual vantaggio ne riceve il padrone, se non di vederli con gli occhi?

[11]Dolce è il sonno del lavoratore, poco o molto che mangi;
ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire.

[12]Un altro brutto malanno ho visto sotto il sole: ricchezze custodite dal padrone a proprio danno. [13]Se ne vanno in fumo queste ricchezze per un cattivo affare e il figlio che gli è nato non ha nulla nelle mani. [14]Come è uscito nudo dal grembo di sua madre, così se ne andrà di nuovo come era venuto, e dalle sue fatiche non ricaverà nulla da portar con sé. [15]Anche questo è un brutto malanno: che se ne vada proprio come è venuto. Qual vantaggio ricava dall'aver gettato le sue fatiche al vento? [16]Inoltre avrà passato tutti i suoi giorni nell'oscurità e nel pianto fra molti guai, malanni e crucci.

[17]Ecco quello che ho concluso: è meglio mangiare e bere e godere dei beni in ogni fatica durata sotto il sole, nei pochi giorni di vita che Dio gli dà: è questa la sua sorte. [18]Ogni uomo, a cui Dio concede ricchezze e beni, ha anche facoltà di goderli e prendersene la sua parte e di godere delle sue fatiche: anche questo è dono di Dio. [19]Egli non penserà infatti molto ai giorni della sua vita, poiché Dio lo tiene occupato con la gioia del suo cuore.

Qoèlet - Capitolo 6

[1]Un altro male ho visto sotto il sole, che pesa molto sopra gli uomini. [2]A uno Dio ha concesso beni, ricchezze, onori e non gli manca niente di quanto desidera; ma Dio non gli concede di poterne godere, perché è un estraneo che ne gode. Ciò è vanità e malanno grave!

[3]Se uno avesse cento figli e vivesse molti anni e molti fossero i suoi giorni, se egli non gode dei suoi beni e non ha neppure una tomba, allora io dico: meglio di lui l'aborto, [4]perché questi viene invano e se ne va nella tenebra e il suo nome è coperto dalla tenebra. [5]Non vide neppure il sole: non conobbe niente; eppure il suo riposo è maggiore di quello dell'altro. [6]Se quello vivesse anche due volte mille anni, senza godere dei suoi beni, forse non dovranno andare tutt'e due nel medesimo luogo?

[7]Tutta la fatica dell'uomo è per la bocca e la sua brama non è mai sazia. [8]Quale vantaggio ha il saggio sullo stolto? Quale il vantaggio del povero che sa comportarsi bene di fronte ai viventi?

[9]Meglio vedere con gli occhi, che vagare con il desiderio. Anche questo è vanità e un inseguire il vento. [10]Ciò che è, gia da tempo ha avuto un nome; e si sa che cos'è un uomo: egli non può competere con chi è più forte di lui. [11]Le molte parole aumentano la delusione e quale vantaggio v'è per l'uomo? [12]Chi sa quel che all'uomo convenga durante la vita, nei brevi giorni della sua vana esistenza che egli trascorre come un'ombra? Chi può indicare all'uomo cosa avverrà dopo di lui sotto il sole?

Qoèlet - Capitolo 7

SECONDA PARTE

Prologo

[1]Un buon nome è preferibile all'unguento profumato
e il giorno della morte al giorno della nascita.
[2]E' meglio andare in una casa in pianto
che andare in una casa in festa;
perché quella è la fine d'ogni uomo
e chi vive ci rifletterà.
[3]E' preferibile la mestizia al riso,
perché sotto un triste aspetto il cuore è felice.
[4]Il cuore dei saggi è in una casa in lutto
e il cuore degli stolti in una casa in festa.
[5]Meglio ascoltare il rimprovero del saggio
che ascoltare il canto degli stolti:
[6]perché com'è il crepitio dei pruni sotto la pentola,
tale è il riso degli stolti.
Ma anche questo è vanità.
[7]Il mal tolto rende sciocco il saggio
e i regali corrompono il cuore.

La sanzione

[8]Meglio la fine di una cosa che il suo principio;

è meglio la pazienza della superbia.

[9]Non esser facile a irritarti nel tuo spirito, perché l'ira alberga in seno agli stolti. [10]Non domandare: «Come mai i tempi antichi erano migliori del presente?», poiché una tale domanda non è ispirata da saggezza. [11]E' buona la saggezza insieme con un patrimonio ed è utile per coloro che vedono il sole; [12]perché si sta all'ombra della saggezza come si sta all'ombra del denaro e il profitto della saggezza fa vivere chi la possiede.

[13]Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? [14]Nel giorno lieto stà allegro e nel giorno triste rifletti: «Dio ha fatto tanto l'uno quanto l'altro, perché l'uomo non trovi nulla da incolparlo».

[15]Tutto ho visto nei giorni della mia vanità: perire il giusto nonostante la sua giustizia, vivere a lungo l'empio nonostante la sua iniquità.

[16]Non esser troppo scrupoloso
né saggio oltre misura.
Perché vuoi rovinarti?
[17]Non esser troppo malvagio
e non essere stolto.
Perché vuoi morire innanzi tempo?

[18]E' bene che tu ti attenga a questo e che non stacchi la mano da quello, perché chi teme Dio riesce in tutte queste cose.

[19]La sapienza rende il saggio più forte di dieci potenti che governano la città. [20]Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi. [21]Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, per non sentir che il tuo servo ha detto male di te, [22]perché il tuo cuore sa che anche tu hai detto tante volte male degli altri.

[23]Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: «Voglio essere saggio!», ma la sapienza è lontana da me! [24]Ciò che è stato è lontano e profondo, profondo: chi lo può raggiungere?

[25]Mi son applicato di nuovo a conoscere e indagare e cercare la sapienza e il perché delle cose e a conoscere che la malvagità è follia e la stoltezza pazzia. [26]Trovo che amara più della morte è la donna, la quale è tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso.

[27]Vedi, io ho scoperto questo, dice Qoèlet, confrontando una ad una le cose, per trovarne la ragione. [28]Quello che io cerco ancora e non ho trovato è questo:

Un uomo su mille l'ho trovato:
ma una donna fra tutte non l'ho trovata.

[29]Vedi, solo questo ho trovato:

Dio ha fatto l'uomo retto,
ma essi cercano tanti fallaci ragionamenti.

Qoèlet - Capitolo 8

[1]Chi è come il saggio?
Chi conosce la spiegazione delle cose?
La sapienza dell'uomo ne rischiara il volto,
ne cambia la durezza del viso.

[2]Osserva gli ordini del re e, a causa del giuramento fatto a Dio, [3]non allontanarti in fretta da lui e non persistere nel male; perché egli può fare ciò che vuole. [4]Infatti, la parola del re è sovrana; chi può dirgli: «Che fai?». [5]Chi osserva il comando non prova alcun male; la mente del saggio conosce il tempo e il giudizio.

[6]Infatti, per ogni cosa vi è tempo e giudizio e il male dell'uomo ricade gravemente su chi lo fa. [7]Questi ignora che cosa accadrà; chi mai può indicargli come avverrà? [8]Nessun uomo è padrone del suo soffio vitale tanto da trattenerlo, né alcuno ha potere sul giorno della sua morte, né c'è scampo dalla lotta; l'iniquità non salva colui che la compie.

[9]Tutto questo ho visto riflettendo su ogni azione che si compie sotto il sole, quando l'uomo domina sull'altro uomo, a proprio danno. [10]Frattanto ho visto empi venir condotti alla sepoltura; invece, partirsene dal luogo santo ed essere dimenticati nella città coloro che avevano operato rettamente. Anche questo è vanità. [11]Poiché non si dà una sentenza immediata contro una cattiva azione, per questo il cuore dei figli dell'uomo è pieno di voglia di fare il male; [12]poiché il peccatore, anche se commette il male cento volte, ha lunga vita. Tuttavia so che saranno felici coloro che temono Dio, appunto perché provano timore davanti a lui, [13]e non sarà felice l'empio e non allungherà come un'ombra i suoi giorni, perché egli non teme Dio. [14]Sulla terra si ha questa delusione: vi sono giusti ai quali tocca la sorte meritata dagli empi con le loro opere, e vi sono empi ai quali tocca la sorte meritata dai giusti con le loro opere. Io dico che anche questo è vanità.

[15]Perciò approvo l'allegria, perché l'uomo non ha altra felicità, sotto il sole, che mangiare e bere e stare allegro. Sia questa la sua compagnia nelle sue fatiche, durante i giorni di vita che Dio gli concede sotto il sole.

[16]Quando mi sono applicato a conoscere la sapienza e a considerare l'affannarsi che si fa sulla terra - poiché l'uomo non conosce riposo né giorno né notte - [17]allora ho osservato tutta l'opera di Dio, e che l'uomo non può scoprire la ragione di quanto si compie sotto il sole; per quanto si affatichi a cercare, non può scoprirla. Anche se un saggio dicesse di conoscerla, nessuno potrebbe trovarla.

Qoèlet - Capitolo 9

La sorte

[1]Infatti ho riflettuto su tutto questo e ho compreso che i giusti e i saggi e le loro azioni sono nelle mani di Dio.

L'uomo non conosce né l'amore né l'odio; davanti a lui tutto è vanità.

[2]Vi è una sorte unica per tutti,
per il giusto e l'empio,
per il puro e l'impuro,
per chi offre sacrifici e per chi non li offre,
per il buono e per il malvagio,
per chi giura e per chi teme di giurare.

[3]Questo è il male in tutto ciò che avviene sotto il sole: una medesima sorte tocca a tutti e anche il cuore degli uomini è pieno di male e la stoltezza alberga nel loro cuore mentre sono in vita, poi se ne vanno fra i morti. [4]Certo, finché si resta uniti alla società dei viventi c'è speranza: meglio un cane vivo che un leone morto. [5]I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce. [6]Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole.

[7]Và, mangia con gioia il tuo pane,
bevi il tuo vino con cuore lieto,
perché Dio ha gia gradito le tue opere.
[8]In ogni tempo le tue vesti siano bianche
e il profumo non manchi sul tuo capo.

[9]Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole. [10]Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù negli inferi, dove stai per andare.

[11]Ho visto anche sotto il sole che non è degli agili la corsa, né dei forti la guerra e neppure dei sapienti il pane e degli accorti la ricchezza e nemmeno degli intelligenti il favore, perché il tempo e il caso raggiungono tutti. [12]Infatti l'uomo non conosce neppure la sua ora: simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l'uomo è sorpreso dalla sventura che improvvisa si abbatte su di lui.

Saggezza e follia

[13]Anche questo fatto ho visto sotto il sole e mi parve assai grave: [14]c'era una piccola città con pochi abitanti. Un gran re si mosse contro di essa, l'assediò e vi costruì contro grandi bastioni. [15]Si trovava però in essa un uomo povero ma saggio, il quale con la sua sapienza salvò la città; eppure nessuno si ricordò di quest'uomo povero. [16]E io dico:

E' meglio la sapienza della forza,
ma la sapienza del povero è disprezzata
e le sue parole non sono ascoltate.
[17]Le parole calme dei saggi si ascoltano
più delle grida di chi domina fra i pazzi.
[18]Meglio la sapienza che le armi da guerra,
ma uno sbaglio solo annienta un gran bene.

Qoèlet - Capitolo 10

[1]Una mosca morta guasta l'unguento del profumiere:
un pò di follia può contare più della sapienza e dell'onore.

[2]La mente del sapiente si dirige a destra
e quella dello stolto a sinistra.

[3]Per qualunque via lo stolto cammini è privo di senno e di ognuno dice: «E' un pazzo».

[4]Se l'ira d'un potente si accende contro di te, non lasciare il tuo posto, perché la calma placa le offese anche gravi.

[5]C'è un male che io ho osservato sotto il sole: l'errore commesso da parte di un sovrano: [6]la follia vien collocata in posti elevati e gli abili siedono in basso. [7]Ho visto schiavi a cavallo e prìncipi camminare a piedi come schiavi.

[8]Chi scava una fossa ci casca dentro
e chi disfà un muro è morso da una serpe.
[9]Chi spacca le pietre si fa male
e chi taglia legna corre pericolo.

[10]Se il ferro è ottuso e non se ne affila il taglio, bisogna raddoppiare gli sforzi; la riuscita sta nell'uso della saggezza. [11]Se il serpente morde prima d'essere incantato, non c'è niente da fare per l'incantatore.

[12]Le parole della bocca del saggio procurano benevolenza,
ma le labbra dello stolto lo mandano in rovina:
[13]il principio del suo parlare è sciocchezza,
la fine del suo discorso pazzia funesta.

[14]L'insensato moltiplica le parole: «Non sa l'uomo quel che avverrà: chi gli manifesterà ciò che sarà dopo di lui?».

[15]La fatica dello stolto lo stanca;
poiché non sa neppure andare in città.
[16]Guai a te, o paese, che per re hai un ragazzo
e i cui prìncipi banchettano fin dal mattino!
[17]Felice te, o paese, che per re hai un uomo libero
e i cui prìncipi mangiano al tempo dovuto
per rinfrancarsi e non per gozzovigliare.
[18]Per negligenza il soffitto crolla
e per l'inerzia delle mani piove in casa.
[19]Per stare lieti si fanno banchetti
e il vino allieta la vita;
il denaro risponde a ogni esigenza.
[20]Non dir male del re neppure con il pensiero
e nella tua stanza da letto non dir male del potente,
perché un uccello del cielo trasporta la voce
e un alato riferisce la parola.

Qoèlet - Capitolo 11

[1]Getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai. [2]Fanne sette od otto parti, perché non sai quale sciagura potrà succedere sulla terra.

[3]Se le nubi sono piene di acqua,
la rovesciano sopra la terra;
se un albero cade a sud o a nord,
là dove cade rimane.
[4]Chi bada al vento non semina mai
e chi osserva le nuvole non miete.

[5]Come ignori per qual via lo spirito entra nelle ossa dentro il seno d'una donna incinta, così ignori l'opera di Dio che fa tutto.

[6]La mattina semina il tuo seme
e la sera non dar riposo alle tue mani,
perché non sai qual lavoro riuscirà,
se questo o quello
o se saranno buoni tutt'e due.

[7]Dolce è la luce
e agli occhi piace vedere il sole.
[8]Anche se vive l'uomo per molti anni
se li goda tutti,
e pensi ai giorni tenebrosi, che saranno molti:
tutto ciò che accade è vanità.
[9]Stà lieto, o giovane, nella tua giovinezza,
e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù.
Segui pure le vie del tuo cuore
e i desideri dei tuoi occhi.
Sappi però che su tutto questo
Dio ti convocherà in giudizio.
[10]Caccia la malinconia dal tuo cuore,
allontana dal tuo corpo il dolore,
perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.

Qoèlet - Capitolo 12

[1]Ricòrdati del tuo creatore
nei giorni della tua giovinezza,
prima che vengano i giorni tristi
e giungano gli anni di cui dovrai dire:
«Non ci provo alcun gusto»,
[2]prima che si oscuri il sole,
la luce, la luna e le stelle
e ritornino le nubi dopo la pioggia;
[3]quando tremeranno i custodi della casa
e si curveranno i gagliardi
e cesseranno di lavorare le donne che macinano,
perché rimaste in poche,
e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre
[4]e si chiuderanno le porte sulla strada;
quando si abbasserà il rumore della mola
e si attenuerà il cinguettio degli uccelli
e si affievoliranno tutti i toni del canto;
[5]quando si avrà paura delle alture
e degli spauracchi della strada;
quando fiorirà il mandorlo
e la locusta si trascinerà a stento
e il cappero non avrà più effetto,
poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna
e i piagnoni si aggirano per la strada;
[6]prima che si rompa il cordone d'argento
e la lucerna d'oro s'infranga
e si rompa l'anfora alla fonte
e la carrucola cada nel pozzo
[7]e ritorni la polvere alla terra, com'era prima,
e lo spirito torni a Dio che lo ha dato.
[8]Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
e tutto è vanità.

Epilogo

[9]Oltre a essere saggio, Qoèlet insegnò anche la scienza al popolo; ascoltò, indagò e compose un gran numero di massime.

[10]Qoèlet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse con esattezza parole di verità. [11]Le parole dei saggi sono come pungoli; come chiodi piantati, le raccolte di autori: esse sono date da un solo pastore. [12]Quanto a ciò che è in più di questo, figlio mio, bada bene: i libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica il corpo.

[13]Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l'uomo è tutto.

[14]Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene o male.

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